Come disegna un bambino dislessico? Il deficit grafico-percettivo nella dislessia

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Come disegna un bambino dislessico? Il deficit grafico-percettivo nella dislessia

Oltre a limitare la capacità di decodifica del testo scritto, la presenza del disturbo dislessico si mostra limitativo di competenze che, pur risultando strettamente correlate alla dimensione fonologica, esulano dalla stessa.

Nello specifico si è riscontrato come, a risultare inficiate dal disturbo dislessico, siano una serie di capacità attinenti la sfera percettiva e organizzativa dello spazio, uno svantaggio propriocettivo, una difficoltà di lateralizzazione e di percezione dello schema corporeo (Gesell, 1956).

Tali difficoltà non risultano, tuttavia, correlate con un inadeguato sviluppo dello strumento visivo, la cui funzionalità rimane preservata: l’elemento ostativo consiste piuttosto nel riuscire ad interpretare lo stimolo in una maniera che ne consenta, oltre alla percezione sensoriale, l’organizzazione e la coordinazione visuo-motoria. In poche parole non c’è difficoltà nel vedere, ma nel capire cosa si vede e nel riprodurlo.

Alcuni studi hanno parlato di “effetto crowding” (Cornoldi, 2007)  per indicare l’incapacità di isolare visivamente il susseguirsi di stimoli concentrati all’interno di aree spaziali limitate, quali essere ad esempio le stringhe di parole o un insieme di sillabe. Di fronte alla presentazione sequenziale di stimoli ravvicinati il dislessico è propenso a mostrare una percezione disorganizzata, tale da comportare un effetto di sovrapposizione degli stimoli i quali, anziché apparire in una posizione isolata e ben identificabile, vanno letteralmente ad accavallarsi, dando vita ad un coacervo visivo informe e non decodificabile.

I disordini si rilevano anche nella dimensione grafica e fonologica, traducendosi nella difficoltà nel riprodurre la forma di consonanti speculari, quali la p e la q, la b e la d, e nel discriminarne la pronuncia. Alla base di questo deficit visuo-spaziale potrebbero trovarsi una disfunzione a carico della via magnocellulare ed una ipoattivazione dell’emisfero sinistro, in grado di compromettere, oltre alla letto-scrittura, tutte le competenze strettamente collegate ad una buona gestione dello spazio e del Sé nello spazio.

Il dislessico riesce a preservare il contatto con la realtà, ma, a fronte di una buona capacità percettiva, mostra una inadeguatezza nella rappresentazione delle forme e delle simmetrie e una capacità di struttura dello spazio piuttosto deficitario (Di Leo, 1981).

A questo si coniuga una difficoltà prassico-motoria che, come nei casi di disgrafia, impedisce la prensione corretta della strumento grafico e la gestione dello stesso sul piano di lavoro (Di Leo 1981; Oliviero Ferraris, 1973). Ne consegue una scarsa manualità, sia fina che globale, la cui presenza invalida lo sviluppo delle competenze visuo-spaziali e delle attività ad esse collegate. Quali appunto il disegno.

Come disegna un bambino dislessico?

Il disegno di un bambino dislessico si contraddistingue generalmente per i seguenti aspetti:

  • una lateralizzazione inadeguata, che si traduce in una scarsa gestione dell’orientamento sx/dx sia nei mancini che nei destrimani. Le figure umane vengono rappresentate in parte di profilo e in parte frontalmente, così come le forme geometriche e le linee non riescono a mantenere una direzione sx-dx rispettosa della gestalt oggettiva;
  • una dispercezione dello schema corporeo, le cui fattezze e dimensioni appaiono di frequente sproporzionate; 
  • una difficoltà di rappresentazione delle simmetrie;
  • una non consapevole gestione dimensionale e delle proporzioni.

A questi si aggiunga un’immaturità stilistica e di contenuto, intesa come una sorta di svantaggio -riproduttivo e tematico- rispetto all’età cronologica e al quoziente intellettivo di riferimento.  Questo non si rivela tuttavia l’indice di un ritardo o di una compromissione cognitiva: si ricordi come, nel disturbo specifico dell’apprendimento, il QI si mostra in linea con le aspettative cronologiche dello stadio evolutivo, rivelandosi il dato contrario un fattore di esclusione del disturbo. La scadente qualità della riproduzione grafica, assieme all’arretratezza delle forme e dei contenuti, mostra piuttosto l’esito del processo dispercettivo causato dai correlati neuro-cerebrali tipici della dislessia.

Il bambino, anche quello non dislessico, tende a rappresentare il mondo nella modalità in cui lo percepisce, lo immagina, se lo rappresenta. Ovvio come una difficoltà percettiva si traduca in una non correttezza della riproduzione grafica. Si tratta, tuttavia, di una condizione non irreversibile, in quanto strettamente correlata ad un precoce e adeguato trattamento del disturbo dislessico.

Studi compiuti attraverso il test della figura umana di Machover hanno stabilito come, a seguito di un programma educativo abilitativo per la dislessia, anche le rappresentazioni grafiche abbiano mostrato un notevole miglioramento, riscontrato specificamente in una migliore organizzazione visuo-spaziale, una maggiore attenzione alle simmetrie e alle dimensioni, una più adeguata lateralizzazione e uno sviluppato senso propriocettivo, cui è conseguita una rappresentazione dello schema corporeo più realistica e consapevole (Di Leo, 1981; Machover, 1969). 

I segnali predittivi della dislessia in età prescolare

Un bambino con difficoltà visuo-spaziali, già prima dell’inserimento scolastico, mostra le seguenti difficoltà specifiche:   

  • non riesce a rispettare l’orientamento spaziale sx/dx, tendendo a confondere continuamente le due direzioni;
  • ha difficoltà nel riprodurre semplici forme geometriche, come ad esempio un cerchietto o di un rombo;
  • non mantiene una linea costante e diritta nella riproduzione grafica;
  • non è dotato di adeguata discriminazione visiva, con la quale è possibile percepire la differenza morfologica, per quanto sottile, tra forme e modelli somiglianti. Dati confermati attraverso la somministrazione di test specifici, quali il test di Bender, in cui le maggiori difficoltà sono state riscontrate nel mantenimento delle linee diritte, nella chiusura dei cerchietti, nella capacità di rappresentare le figure nella giusta distanza evitando sovrapposizioni o distorsioni angolari (Di Leo, 1981; Koppitz, 1965).
  • mostra un deficit di coordinazione visuo-motoria, che non consente l’allineamento tra l’arto e l’occhio dominante indispensabile a produrre un movimento grafico orientato. Frequente  il fenomeno di dominanza incrociata, che vede l’alternarsi tra l’occhio dominante e l’arto di preferenza: ad esempio un mancino, anziché utilizzare l’occhio sinistro per orientarsi nella rappresentazione grafica, si avvale di quello destro, e viceversa per il destrimane.
  • lo stile grafico appare arretrato, stereotipato, povero di contenuti tematici e stilistici. Aspetto aggravato dalla difficoltà di apprendimento di nuovi contenuti- che talvolta si traduce in autentica oppositività. È come se il bambino si rifiutasse di imparare. Ma anche in questo caso è necessario non fraintendere: l’apparente insofferenza del dislessico di fronte al carico di richieste, più che ad una componente contrastiva della personalità, è imputabile al disagio percepito di fronte all’abbandono delle conoscenze consolidate, in vista della difficoltà nel consolidamento e nell’automatizzazione di quelle nuove. Bambini con un’integrazione visuo-motoria difficoltosa – predittiva del disturbo dislessico e disgrafico- tendono per questo ad una maggiore vulnerabilità nello sviluppo di difficoltà emotive, espressive e di relazione, che si sviluppano soprattutto all’interno del contesto scolastico, a seguito di confronti sfavorevoli con i pari (Koppitz, 1965).

L’addestramento percettivo del corpo e dello spazio

Ove precocemente identificate attraverso strumenti diagnostici e di screening,  le difficoltà motorio prassiche e i deficit di manualità possono essere rieducati mediante un adeguato addestramento percettivo, effettuato a cicli periodici e intensivi sin dall’età prescolare.

I programmi considerati più efficaci sotto questo punto di vista prevedono il potenziamento di aree quali:

  • capacità di lateralizzazione e gestione del corpo nello spazio;
  • direzionalità e simmetria del Sé e del Sé nello spazio;
  • potenziamento della capacità di sequenza logico-temporale, utile a comprendere in quale ordine cronologico devono essere svolti i compiti e le singole componenti degli stessi.

Per quanto riguarda la gestione corporea possono rivelarsi utili, in ambito didattico, una serie di esercizi da svolgere in gruppo e aventi ad oggetto la conoscenza percettiva e motoria del proprio corpo: dunque si possono organizzare filastrocche con cui si richiede di toccarsi diverse parti del corpo in sequenza, o effettuare movimenti ( ad esempio l’insegnante può dire: mani sulle ginocchia! Oppure: fate una giravolta! Oppure Toccatevi le spelle l’un l’altro!). Il contesto gruppale favorisce inoltre lo sviluppo della capacità imitativa e di mirroring, oltre ad implementare l’aspetto collaborativo-relazionale.

Il senso di direzionalità e simmetria del Sé e del Sé nello spazio può risultare potenziato tramite lo svolgimento di esercizi carta e matita, con cui si richiede di tracciare labirinti, disegnare piste cifrate, ricostruire immagini, seguire direzioni di mappe e circuiti grafici ( Fantuzzi e Tagliazucchi, 2009).  

La consapevolezza dell’ordine spazio temporale si può esercitare, anche in ambito scolastico, attraverso la creazione di situazioni di gioco in cui il bambino deve utilizzare dei concetti topologici e temporali per risolvere i problemi. Ad esempio si può chiedere: metti questa penna nel tavolo e dopo scrivi; sistema questi gessetti sulla cattedra e dopo prendi il libro; oppure metti il libro nella cartella e la gomma nell’astuccio ( due ordini dati contestualmente): è possibile aumentare gradualmente il numero di ordini contestuali, fino al raggiungimento del limite massimo gestibile dal bambino. Successivamente si può aggiungere la richiesta di svolgere delle azioni in sequenza “il più velocemente che puoi”, per lavorare anche sulla rapidità di elaborazione degli schemi (Ros e Alins, 2006).

L’osservazione specifica rimane il mezzo d’elezione per costruire una prevenzione efficace, oltre che per in garantire diagnosi tempestive ed abilitanti. Un bambino deve essere osservato nelle sue attitudini, nelle sue emotività, nelle sue condotte comportamentali  già in una fase antecedente il processo di letto scrittura, e dunque dell’inserimento scolastico. È preciso compito del genitore e del docente curare tale aspetto osservativo, al fine di individuare e trattare tempestivamente eventuali difficoltà visuo motorie predittive di un disturbo specifico dell’apprendimento. Un addestramento percettivo gestito con frequenza a regolarità didattica, aiuterà a sviluppare le competenze grafico-visive mancanti e a corroborare quelle vulnerabili, migliorando la qualità della prestazione grafica e di lettura, oltre che del benessere emotivo degli alunni, soprattutto quelli con bisogni speciali.


BIBLIOGRAFIA  

  • Corman, L (1968) Il disegno della famiglia. Test per bambini. Bollati Boringhieri, Torino;
  • Cornoldi, L. (2007) Difficoltà e disturbi dell’apprendimento, Il Mulino, Bologna;
  • Di Leo, J. H. (1981)I disegni dei bambini come aiuto diagnostico, Giunti, Firenze;
  • Fantuzzi, P.. Tagliazucchi, S. (2009), Laboratorio grafo motorio. Percorso didattico e riabilitativo della scrittura, Erickson, Trento;
  • Gesell, A. (1956) Youth: the years from ten to sexteen, Harper & Brothers, New York;
  • Koppitz, E. (1964) The Bender Gestalt Test for Young Children, Grune edition;
  • Machover, K. (1969)   Il disegno della figura umana, O.S. Giunti, Firenze;
  • Oliviero Ferraris A. ( 1973) Il significato del disegno infantile, Bollati Boringhieri, Torino;
  • Ros, J. Alins, S. (2006) Giochi in movimento: 300 giochi psicomotori per bambini dai 3 ai 6 anni, Del Borgo, Bologna.