POTENZIAMENTO COGNITIVO NEI BAMBINI CON DISTURBI DELL’ATTENZIONE

attenzione

POTENZIAMENTO COGNITIVO NEI BAMBINI CON DISTURBI DELL’ATTENZIONE

Il disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD) è un disturbo del neurosviluppo che si presenta precocemente, caratterizzato da una sintomatologia che si riconduce all’alterazione di tre grandi aree: l’attenzione, l’iperattività e l’impulsività (APA, 2013).

Le problematiche dovute a deficit di autoregolazione, alla scarsa persistenza dello sforzo e a carenze nelle funzioni esecutive portano a notevoli ricadute sul funzionamento individuale. In un’ottica più ampia, l’attenzione gioca un ruolo fondamentale nel quotidiano e l’incapacità di regolarla porta, talvolta, a difficoltà che sono presenti in molti disturbi.

Ciò assume rilevanza in ambienti scolastici ed extrascolastici, nello specifico non solo per quei bambini che presentano diagnosi di ADHD, ma anche per bambini con diagnosi di altri disturbi del neurosviluppo, ad esempio in caso di Disturbi Specifici dell’Apprendimento. Il fatto che difficoltà attentive siano presenti in diversi disturbi e le diverse manifestazioni che può presentare l’ADHD portano ad avere bambini con comportamenti  esternalizzati  e necessità di intervento molto diverse (Whalen e Henker, 1991; Woodward, Downey e Taylor, 1997): ciò comporta una difficoltà di generalizzazione dei protocolli di trattamento che possono risultare, al contempo, ottimali per un bambino e meno per altri.

LA CBT (la Terapia Cognitivo-Comportamentale) nei disturbi dell’attenzione

La terapia cognitivo-comportamentale, va a lavorare sull’autoregolazione dell’attenzione e del comportamento, iperattivo o impulsivo che sia. È un approccio che ha riscontrato molti effetti positivi: basandosi sui principi del condizionamento operante di Skinner, permette di intervenire a livello comportamentale, rinforzando o contrastando i comportamenti dei soggetti con ADHD (Legrenzi, Papagno e Umiltà, 2012). I comportamenti che vengono rinforzati riguardano l’esecuzione delle attività assegnate, l’uso di strategie cognitive e il controllo dell’impulsività, mentre i comportamenti che vengono contrastati sono quelli associati a manifestazioni di iperattività o impulsività.

L’approccio cognitivo-comportamentale incentra l’intervento sull’insegnamento diretto al bambino delle abilità di self-control e sulle abilità di risoluzione dei problemi (Horn et., 1991). Nello specifico, si interviene sull’impulsività e sull’autoregolazione, principalmente nella gestione della collera o nell’utilizzo di tecniche non aggressive, utilizzando ad esempio le autoistruzioni verbali (Kendal e Braswell, 1985; Braswell e Bloomquist, 1991), incrementando la stima di sé  o delle relazioni tra pari, ipotizzando un training per le abilità sociali (Guevremont, 1990); oppure sviluppando le abilità di adattamento (Rosein et al., 1994; Stein et al., 1995).

La CBT ha lo scopo di modificare i modelli comportamentali appresi che risultano essere disfunzionali. Il fine ultimo è quello di migliorare le capacità organizzative del soggetto e la sua percezione e gestione del tempo, oltre a sviluppare le competenze da mettere in atto in caso di situazioni problematiche, con la riduzione di esternalizzazioni impulsive e improprie. Benefici indiretti si avranno anche nell’abbassamento dell’autostima e nel miglioramento delle relazioni familiari e delle interazioni con i pari (Cornoldi, 2007).

GLI ALTRI TIPI DI INTERVENTO

Gli interventi proposti in caso di bambini con ADHD possono essere diversi, basati su training cognitivi associati o meno  a trattamenti farmacologici. Questi ultimi prevedono l’assunzione di psicostimolanti, come il metilfenidato, che agiscono prevalentemente come inibitori, in genere il trattamento farmacologico è generalmente raccomandato ai bambini in età scolare e agli adolescenti con ADHD, insieme all’attuazione di interventi psicologici basati su training cognitivo-comportamentali. Negli ultimi anni sono anche stati studiati training cognitivi basati su prove di plasticità cerebrale, che apporterebbero un decisivo miglioramento ai deficit neuropsicologici.

Attenzione e flessibilità cognitiva

In genere in un soggetto con ADHD la flessibilità cognitiva risulta carente, essa si riferisce alla capacità di passare in modo flessibile avanti e indietro tra i compiti o di cambiare compito in modo repentino. Questa abilità  risulta discretamente correlata con il deficit di ADHD, in quanto i bambini presentano difficoltà nello svolgere compiti di questo tipo (Willcut et al., 2005). Anche l’inibizione risulta deficitaria  essa è un processo cognitivo volto alla regolazione del comportamento e sta alla base delle capacità di trattenere (limitazione dell’azione) o fermare (cancellazione dell’azione) una risposta continua.

I bambini con ADHD hanno performance carenti in compiti di inibizione comportamentale, e dai risultati recenti è emerso che le prestazioni alterate in compiti di inibizione sono dipendenti anche da deficit di processo nella memoria di lavoro (Alderson, Rapport e Kofler, 2007; Lijffjt et al., 2005). L’intervento messo in atto per migliorare la flessibilità cognitiva  ha come obiettivo quello  di potenziare le funzioni esecutive, in particolar modo la memoria di lavoro, l’inibizione e la pianificazione attraverso tre diverse fonti, materiale carta e matita, attività al computer e game training.

TRAINING PER LE ABILITA’ SOCIALI

Dato che anche le relazioni con i pari a volte risultano difficili, si può intervenire con un training per le abilità sociali in cui si prevedono delle competenze da sviluppare come:

  • Sviluppare le abilità di conversazione;
  • Aumentare le capacità di controllare la collera;
  • Partecipare ad attività di gruppo con i coetanei;
  • Rinforzare i comportamenti sociali appropriati.
  • Capacità di risolvere costruttivamente i conflitti.

                                                    di Simona Sartoretto O. S. A e tutor DSA