Gli stati emotivi nei bambini con DSA
La ricerca sui DSA ha notevolmente elevato il livello di conoscenza circa la natura delle difficoltà e le modalità per affrontarla: ne ha circoscritto l’eziologia, le implicazioni delle funzioni esecutive, messo in luce gli ambiti coinvolti.
Ne ha individuato la possibile comorbidità con problematiche emotive e comportamentali; ci aggiorna sulle percentuali di disturbi internalizzanti ed esternalizzanti associati (Vio, Tressoldi e Lo Presti, 2012, Scorza, Stella e Zoppello, 2019; Antonucci, Cantagallo e Spitoni, 2010; Marzocchi et al., 2022; Maroscia e Terribili, 2012; Consensus Conference 2007; DSA Documento d’intesa, PARCC 2011; Walder et al., 2010).
La percezione di sé
Nei primi anni di vita ogni bambino matura primariamente una percezione di sé proporzionale allo sviluppo delle funzioni e al rispecchiamento di questo nella percezione e nel rimando dei genitori (Bettelheim, 1987; Freud, 1975). La maturazione delle funzioni si sostanzia in una crescita progressiva e integrata (di abilità, competenze, funzioni psichiche) che porterà ad attuare se stessi in modo autonomo e indipendente. Si tratta di un processo talvolta lineare tra l’altro caratterizzato da un intercalare di progressi e parziali regressi.
Se lo sviluppo è sufficientemente lineare la percezione in divenire è quella di un Sé competente con gli annessi di euforia e piacere che accompagnano il passaggio dall’incapacità di controllare le proprie funzioni corporee, di camminare, di comunicare con la parola alla possibilità di padroneggiare la propria corporeità, comunicare con disinvoltura, orientare la propria volontà. Tale coscienza di un sé competente progredisce e si rafforza significativamente nei primi 5 anni di vita (Winnicott 1965, pp. 64 e 108; Freud, 1965).
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La consapevolezza delle prime difficoltà
In assenza di un disturbo del linguaggio (indicatore predittivo per DSA) o di altra problematica, solo l’ingresso nella scuola primaria, con l’attuarsi delle prime difficoltà in letto scrittura, inizia a incrinare la percezione di un buon funzionamento generale.
In alcuni casi può, verosimilmente, essere il bambino il primo ad accorgersi che qualcosa non va nel raffronto immediato e quotidiano con il vicino di banco che con relativa scioltezza procede nell’esecuzione del lavoro indicato, mentre, inizialmente, gli adulti possono mantenere una posizione di fisiologica attesa. Facilmente si innescano nel bambino sentimenti di frustrazione che generano attese ulteriormente frustranti: dovrà fronteggiare il ripetersi della condizione di difficoltà nei giorni successivi, dovrà fronteggiare l’incrinarsi delle proprie pregresse aspettative, di quelle percepite di genitori e insegnanti o sugli stessi proiettate.
È noto, però, che la frustrazione in giusta dose e utilmente gestita incentiva lo sviluppo, quella persistente rischia di comprometterlo (concetto di “frustrazione ottimale” in Kohut, 1971, p. 71; Phillip, 1999).
Il ruolo degli adulti
L’intervento sinergico di tutti gli adulti che interagiscono con il bambino con DSA ha una doppia valenza: funziona da modello di resilienza e, nella sua funzione di supporto integrato, contrasta il rischio di persistenza nel bambino di uno stato di frustrazione. Questo ostacolerebbe la rivisitazione della immagine di sé, la dove si rendesse necessaria.
Un passaggio fondamentale se affermiamo che “[..] le esperienze durante il periodo di formazione del Sé diventano il prototipo delle forme specifiche della nostra successiva vulnerabilità o sicurezza in ambito narcisistico: degli alti e bassi della nostra autostima, del nostro maggiore o minore bisogno di lode, di fusione con figure idealizzate [..]” (Kohut., 1978 trad. it. 1982, pp.132). Se non adeguatamente sostenuto il bambino con DSA può convivere a lungo con emozioni penose. Goleman (1996, trad. it. Bur Saggi, 1999 p. 80) dice “[..] come nella mente esiste un costante mormorio di fondo di pensieri, c’è anche un incessante rumore emozionale [..]”.
Se questo “rumore” permane connotato negativamente troppo a lungo il benessere psico-fisico rischia di essere compromesso, poiché non è la frustrazione in sé a minare l’equilibrio psicologico, ma il persistere di uno stato di disagio e sofferenza senza poter intravedere via di uscita. La diagnosi precoce, la competenza degli insegnanti, la possibilità dei genitori di comprendere la natura delle difficoltà e come essere di supporto, la cooperazione fra tutte le persone coinvolte, la loro capacità di mettere quotidianamente il ragazzo in condizione di operare con soddisfazione rappresentano fattori di protezione rispetto al proseguimento dell’evoluzione successiva alla diagnosi.
Il ruolo dell’empatia
L’empatia è “[..] una facoltà della natura umana che consente un particolare tipo di conoscenza [..]” (Kohut, 2023,p.13);”[..] la modalità mediante la quale raccogliamo dati psicologici a proposito delle altre persone e, quando esse dicono ciò che pensano o sentono, immaginiamo la loro esperienza interna anche se non si apre all’osservazione diretta” (Kohut, 1978, p. 101).
La capacità di osservazione empatica e di un precoce avvicinamento empatico consentono al bambino di sentirsi tenuto totalmente nella mente, favorisce l’allentamento della tensione provocata dalle sue insorgenti incertezze e difficoltà, orienta la tipologia di intervento e la modalità di attuazione dello stesso secondo uno stile adeguato al singolo bambino. È, dunque, indispensabile che nella formazione di chi sarà a sua volta formatore sia dato un regolare spazio alla riflessione sull’importanza di essere in armonia con le proprie emozioni, sia quelle positive che negative, poiché questo costituisce il presupposto per una efficace interazione con l’altro.
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di Simona Sartoretto, O. S. A e Tutor DSA