TRATTAMENTO DELLE ABILITA’ NUMERICHE: STORIA DI UNA RELAZIONE…

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TRATTAMENTO DELLE ABILITA’ NUMERICHE: STORIA DI UNA RELAZIONE…

Luca arrivò in stanza, sguardo basso, espressione a metà tra la paura e la rabbia, poca disponibilità al dialogo…Prima ancora che sulle competenze numeriche e di calcolo, occorreva lavorare sulla relazione! La conquista dell’alleanza terapeutica è stato il primo indispensabile obiettivo di trattamento da raggiungere.  
Luca si è mostrato sin da subito un bambino sensibile e consapevole di avere delle difficoltà; al tempo stesso ha da subito manifestato il desiderio di sentirsi capace e di dimostrarlo. L’equivalente comportamentale di questa combinazione di disposizioni interne si è tradotto in un atteggiamento di ricerca delle attività in cui riusciva, in cui sentiva di essere “bravo” e di rifiuto nei confronti delle attività “non alla sua portata”. Questo rifiuto poteva assumere differenti forme: quella del silenzio e della fuga in un atteggiamento di tristezza, quella della distrazione e del disinteresse nei confronti dell’attività, quello della contestazione esplicita o quella dell’attivazione comportamentale fuori controllo.
Come superare questo scoglio? Come vincere l’evitamento che Luca ha sin da subito messo in atto nei confronti delle attività con i numeri?

L’intuizione terapeutica è stata quella di sfruttare a vantaggio della terapia il desiderio di Luca di riuscire, di vincere. Desiderava sentirsi il più bravo, più bravo anche della terapeuta. Così le varie attività sono diventate delle sfide, sfide che Luca avrebbe potuto vincere ed in cui la terapeuta “ovviamente” avrebbe dovuto perdere. Ogni esercizio era una partita da giocare: la terapeuta nei panni dello sfidante e Luca in quelli dello sfidato.
Le sfide proposte dovevano essere percepite come né troppo facili né troppo difficili, per evitare una ricaduta di Luca nell’atteggiamento di rifiuto. La vittoria doveva essere raggiungibile ed allettante al tempo stesso.
Per tenere alta la motivazione del bambino è stato indispensabile ripensare alle attività ed ai mezzi di lavoro in funzione dei suoi interessi. Una delle maggiori passioni di Luca è quella per i Pokemon, noti protagonisti di un cartone animato giapponese. Così, impiegare le immagini dei Pokemon per decorare gli strumenti di lavoro, trasformare con la fantasia un regolo in un “fulmine di Zecrom”, inserire il saluto di Pikachu come apertura di un esercizio o nascondere come tesoro da scoprire alla fine di un’attività il disegno di uno dei vari personaggi Pokemon, è servito per catturare completamente l’interesse di Luca e garantire il suo impegno costante nel lavoro.
Un ulteriore ostacolo alla terapia era costituito dalla scarsa tolleranza di Luca alla frustrazione: Luca non accettava di sbagliare e dopo un errore poteva manifestare rifiuto attraverso tristezza o rabbia. Per migliorare il vissuto soggettivo dell’errore, si è introdotto nella relazione l’errore della terapeuta. Questo ha determinato un completo cambio di prospettiva per Luca: poiché, come già detto, le varie attività erano impostate come una sfida a due, poteva succedere che anche lo sfidante commettesse un errore. A quel punto lo sfidante, piuttosto che rifiutarsi di continuare, avrebbe mantenuto un atteggiamento di fiducia nelle proprie capacità e di interesse a continuare,  provando ad autocorreggere l’errore. Questo atteggiamento della terapeuta offriva a Luca un modello alternativo di reazione all’errore che il bambino avrebbe potuto indirettamente sperimentare ed interiorizzare. Questo espediente ha prodotto anche un effetto inaspettato e funzionale alla terapia: ad un certo punto era Luca a voler individuare selettivamente gli errori della terapeuta ed a volerli correggere. Tutto ciò a vantaggio dello sviluppo della competenza esercitata.
Un altro esempio di come sia stato possibile sfruttare alcuni atteggiamenti di Luca originariamente poco funzionali alla terapia in preziosi alleati di lavoro riguarda la lotta alla contestazione. In alcune occasioni, specie alle prese con attività percepite come troppo difficili, Luca poteva diventare oppositivo ed entrare in un loop disfunzionale nel quale contestava qualsiasi richiesta proveniente dalla terapeuta. A quel punto, per spezzare questo loop, se l’intento era quello che Luca si concentrasse su un determinato compito, bastava che la terapeuta gli proponesse l’istruzione al contrario: “Adesso è il mio turno! Questo compito lo svolgo io e tu resti ad osservarmi!” La reazione del bambino era immediata: “No no, voglio farlo io!”.
Gli effetti di questa attenzione alla relazione su tutta terapia sono stati importanti. Si è innescato infatti un circolo virtuoso per cui più l’attività era motivante ed interessante, più Luca si impegnava; maggiore era l’impegno, maggiori erano le percentuali di riuscita e maggiore la voglia che Luca nutriva di continuare l’esercizio. Così, più Luca si esercitava, più aumentavano le occasioni di apprendimento, di sviluppo e di consolidamento della competenza oggetto del lavoro.
L’iniziale evitamento rispetto alle attività con i numeri si era trasformato in entusiasmo…
…In fondo il solo desiderio di Luca era vincere! La sua ricompensa più grande, sentirsi finalmente capace! Soddisfare cioè quel bisogno di autoefficacia, probabilmente troppe volte frustrato nelle situazioni di confronto con i pari.

A cura della dott.ssa Anna De Nigris, Psicologa, Psicoterapeuta, Specialista in Neuropsicologia


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